GEAR E STRUMENTAZIONE

BOTTLENECK: ORIGINE E SVILUPPO

di Sofia Savoia

 

 

Il bottleneck, a volte chiamato semplicemente slide, è un accessorio con cui ogni chitarrista, prima o poi, si ritrova ad avere a che fare. Alcuni lo provano per curiosità e poi lo lasciano lì dove l’hanno trovato, altri cadono inesorabilmente nella sua trappola e non sanno più farne a meno.
Si tratta di un oggetto cilindrico da infilare al dito e da far scorrere sulle corde della chitarra, oggi realizzato in svariati materiali (vetro, ottone, plastica ecc) e utilizzato in molti generi musicali, su chitarra acustica o elettrica.
A chi sia venuta l’idea di utilizzare un bottleneck per suonare non è ben chiaro. È però assai probabile che questa tecnica sia originaria del continente africano, dal quale gli schiavi portati negli Stati Uniti l’avrebbero introdotta (a tale proposito non vi è certezza, poiché uno strumento simile fa anche parte della tradizione hawaiana) .
Non è un caso – se si abbraccia questa tesi – che siano stati proprio i bluesman afroamericani a rendere popolare la tecnica dello slide: poveri, ridotti in schiavitù e maltrattati, con il gospel e il blues cercavano di tradurre in musica le loro sofferenze e le loro speranze. Insieme a strumenti musicali di fortuna, spesso costruiti con materiali di scarto (molto celebri le “cigar box guitars” costruite con scatole di sigari e manici di scopa), inizia a diventare popolare il collo delle bottiglie (da qui il nome “bottleneck”) da infilare al dito e da usare generalmente in accordatura aperta. Non c’è da stupirsi che l’uso del bottleneck abbia avuto una sempre maggiore popolarità, dato il particolarissimo suono che consente di produrre e quell’irresistibile fascino del blues tradizionale, meglio ancora se abbinato ad una chitarra resofonica.
È proprio grazie al blues, con il quale lo slide si sposa perfettamente, che molti chitarristi iniziarono ad introdurre il bottleneck per le loro composizioni. A partire dagli anni ’20 lo slide compare nelle registrazioni e nei dischi, prima nel country e poi finalmente nel rock, dove si è ritagliato un ruolo stabile già dagli anni ’60 grazie alle mani di Jimi Hendrix, Eric Clapton e di molte band, tra le quali spiccano i Rolling Stones. E così il blues di Chicago dà il via ad un processo mai terminato, e che tutt’oggi influenza molti artisti.

Il mercato contemporaneo offre molte scelte di materiale, ciascuno dei quali ha le sue peculiarità:

– vetro: il suono tende ad essere più morbido e dolce, specie sui bassi;
– ottone: più pesante del vetro, garantisce maggiore resa e volume, ma è meno maneggevole;
– ceramica e porcellana: leggeri e simili al vetro, ma con più sustain;
– altri materiali possono essere acciaio, legno, plastica.

Solitamente i chitarristi prediligono vetro od ottone, ma è una scelta che dipende molto dal peso, dallo spessore e dalla lunghezza dei singoli modelli, dai gusti personali e dalla comodità (il vetro e la ceramica sono ovviamente molto fragili, mentre uno slide in metallo può durare una vita). L’ideale sarebbe quindi provarne più di uno, tenendo conto che l’approccio può variare anche a seconda del tipo di chitarra che si sta usando.

 

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Non c’è dubbio sul fatto che oggi si possa disporre di prodotti di grande qualità, sia per lo slide in sé che per quanto riguarda le chitarre su cui viene utilizzato, certamente molto più curate degli strumenti rudimentali e assemblati alla bell’e meglio di quei primi bluesman che cantavano i loro affanni nel Mississippi. Ma, nonostante la moda vintage che tanto ci piace imitare, quelle chitarre scordate, quei “colli di bottiglia” rotti probabilmente da un ubriaco, quella voce roca, nera, profonda, sono la vera e irripetibile anima del blues, ciò che ne costituisce la più preziosa eredità.

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claudio cicolin

Buona chitarra e a presto!

Claudio Cicolin

 

 

 

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