STRANGER TEACHING

di Stefano Rossi

Cari Guitar-Nauti,

Nuova rubrica “STRANGER TEACHING“!

E’ un grande piacere presentarvi e dare spazio a Stefano Rossi, qui sulle colonne di Lezioni-Chitarra.it. Stefano è un esperto chitarrista ed insegnante, e ci parlerà attraverso questa rubrica di didattica, di chitarra ma anche di rapporti umani nell’ambito della formazione. Ma perchè “Stranger Teaching”? Perchè, a differenza degli articoli dal tenore giornalistico che abbiamo pubblicato finora, lo sguardo di Stefano è molto più ironico, libero nell’espressione, a tratti dissacrante. E alcuni dei temi trattati sono così seri e eternamente irrisolti (si pensi al dilemma “spartito si/spartito no”), che l’unico modo serio per trattarli è in difinitiva con l’ironia;-) Buona lettura! – Claudio.

Lo spartito: amico o nemico del chitarrista?

Cinque righe parallele, tante palline vuote o piene, stanghette che le collegano e simboli arcani. Non stiamo descrivendo il contenuto di una scatola di Meccano, ma lo spartito musicale. Anticamente relegato a linguaggio per soli nobili e studiosi della musica classica, si è con gli anni inserito anche nell’ambito moderno, rappresentando il linguaggio universale di comunicazione tra i musicisti.

Eppure, nonostante la provata utilità nell’utilizzarlo, diversi musicisti (per lo più chitarristi) non utilizzano più questo strumento per suonare o imparare i brani, affidandosi invece a trascrizioni su intavolatura (le cosiddette tab) o semplicemente (grazie soprattutto al web) guardando dei video tutorial.

Da dove nasce questo rifiuto? Perché ai chitarristi non piace? E’ indispensabile saperlo leggere?

 

Un inizio traumatico.

 

Immaginate di trasferirvi in un’altra nazione. Questo posto ha una cultura, lingua, tradizione e perfino un alfabeto diverso. Un posto come il Giappone, o l’India, o la Russia. Oppure come il comune di Asiago, per intenderci.

 

 

Comunque un posto dove le persone hanno un grande héertze (cuore)

 

Venite catapultati in un ambiente completamente nuovo, in cui non vi sentite completamente a vostro agio.

Qual’è la prima cosa che provate a fare? Parlare la lingua del posto, cercando di capire cosa dicono le persone intorno a voi. Se avete qualcuno che vi fa da interprete, il tutto risulterà molto più facile. Ma se in un posto così selvaggio cercate anzitutto di capire un alfabeto totalmente diverso dal vostro, a meno che non siate davvero molto determinati, finirete per desistere presto.

Questo è lo scenario tipico di chi inizia a suonare e intraprende uno studio con metodologia classica: prima si impara a leggere la musica, e poi a coordinare le mani per eseguirla. Ciò aggiunge un ulteriore elemento critico all’inizio della propria esperienza con lo strumento, rendendo frustrante il primo approccio (già di per se problematico). Senza contare la disintegrazione dell’immagine che avevamo di noi come provetti musicisti, che lascia spazio alla triste realtà di essere degli incapaci.

 

La chitarra e lo spartito: una relazione complicata

 

Ammettiamolo poi, senza vergogna. Lo spartito non è stato pensato per i chitarristi. E’ molto complicato apprendere l’analogia tra note e posizione sulla tastiera, già da subito.

Rimaniamo nella terra di Asiago. State consultando una antica ricetta cimbra, tipica di quel territorio. Oltre a essere una ricetta particolarmente complicata, è addirittura scritta in lingua originale. Un bel problema, per voi che non conoscete quell’antico linguaggio e avete sotto mano solo un dizionario italiano-cimbro in stile Bignami. Arrivati a metà preparazione, trovate l’indicazione “aggiungere 2 bicchieri di vino”.

Non sono specificate le dimensioni dei bicchieri e nemmeno la tipologia di vino. Evidentemente tra i cimbri vigeva il monopolio di bicchieri e vino da parte di un’organizzazione di stampo mafioso.

 

 

Una ricetta chiaramente a base di testa di cavallo.

 

A differenza del pianoforte, dove una nota è solamente in un posto, ogni nota sulla chitarra può essere eseguita in differenti posizioni. In quale dovrò suonare? Spesso sono riportate le indicazioni per le dita (più o meno chiare, più o meno corrette) che possono dare una mano. Di certo un sistema che prevede delle ulteriori annotazioni per spiegare il gesto corretto da eseguire allo strumentista non può che considerarsi lacunoso. Senza contare un’implicazione diretta di questo deficit: la completa perdita della capacità di lettura a prima vista di un qualunque spartito che superi un livello di complessità considerato da principianti.

La triste conseguenza di questo aspetto è l’incredibile disparità qualitativa tra la musica eseguita da uno studente di pianoforte e uno di chitarra classica dopo il primo anno di studio. Prendendo due allievi di media abilità e che dedicano lo stesso tempo giornalmente allo strumento, l’impressione esterna dell’ascoltatore è che il pianista suoni meglio“. Questo perché il chitarrista deve affrontare un inizio della propria esperienza decisamente più difficoltoso, ostacolato da un sistema di scrittura delle note che non lo facilita affatto.

Fortunatamente in ambito moderno, i metodi si stanno evolvendo: spesso gli esercizi e gli studi sono riportati sia sotto forma di spartito sia sotto forma di intavolatura (o tab), rendendo decisamente più veloce e gratificante la fase di apprendimento. Inoltre, il web è pieno di archivi dove poter trovare sotto forma di tab le canzoni da studiare.

 

 

E di ottimi modi per concedersi una pausa dallo studio.

 

Terapia di coppia?

 

Nonostante tutto, la convivenza seppur difficoltosa inizialmente non è di certo impossibile. Nel corso degli anni di insegnamento, ho avuto la possibilità di verificare l’efficacia dell’applicazione della lettura dello spartito fin dai primi momenti nei più piccoli. In particolare, ho avuto molte soddisfazioni negli allievi che in quel periodo stavano anche imparando a leggere contemporaneamente. Credo che l’abitudine giornaliera di apprendere le lettere sia in qualche modo responsabile: in questo momento della crescita il cervello è allenato a fotografare simboli e dar loro un nome e un significato. L’importante è non trascurare mai l’aspetto pratico: alla lettura occorre far seguire sempre un’esecuzione in modo che l’allievo percepisca l’utilità di ciò che ha fatto.

Paradossalmente, negli allievi tra i 6 e gli 11 anni d’età, più ci si allontana dalla prima elementare e più si incontra diffidenza nello spartito. Nonostante le capacità cognitive e di logica siano decisamente migliorate con gli anni (l’insegnamento di teoria e armonia è molto più semplice in bambini di 5° elementare rispetto a quelli di 1°), la lettura musicale subisce un calo di interesse e spesso, per evitare che l’allievo perda la voglia di suonare, bisogna diminuire il carico di lavoro o addirittura tralasciarla in blocco, fino a un momento in cui (si spera) tornerà la voglia di affrontarla.

 

Ma in fin dei conti… è un problema?

 

Se l’ambizione dell’allievo è di fare il musicista di professione, certamente. Ma per la maggior parte delle persone la musica è un hobby. Non ha alcun senso costringere ad apprendere qualcosa che non suscita interesse a persone che hanno solamente voglia di divertirsi suonando delle cover. Certamente sarebbe più utile se la persona decidesse di comporre musica, per trascrivere ciò che sta creando per riferimento futuro. Ma ormai tutti i nostri telefoni cellulari hanno un registratore incluso che può servire allo scopo, che abbinato alla scrittura di una tab può sostituire senza alcun problema lo spartito.

A meno che io non componga qualcosa che vorrei proporre a un amico che suona l’oboe.

Ma tanto, io non ho nessun amico che suona l’oboe.

 

 

Ma ti troverò prima o poi. So che sei lì da qualche parte, amico oboista.

 

Stefano Rossi

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